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Banda Bassotti, il Verdini s’incasina con le norme antiriciclaggio: per Bankitalia “gravi carenze ed irregolarità” La mappa delle contestazioni ed un po’ di gossip…

16 Ago

Credito Cooperativo Fiorentino

I rilievi della Banca d’Italia

Un conflittino da 60 milioni

Gli accertamenti su

Denis Verdini, dal

1990 presidente del CCF

ed alla sua Banca↓

Poteri reali: “Tutti accentrati sul Presidente”

Esecutivo della Banca: “Scarsamente autorevole”

Istruttorie sui finanziamenti: “Inadeguate”

Posizioni anomale: “Gestione inefficace”

Collegio sindacale: “Privo di indipendenza”

Azioni di recupero: “Non tempestive”

Conflitti di interesse: “Estesi profili”

Norme antiriciclaggio: “Gravi carenze ed irregolarità”

Margini patrimoniali: “In riduzione”

Livello di rischio: “Crescente”

Capacità reddituale: “Sostanziale azzeramento”

Modello mutualistico: “ampiamente disatteso”

Questa la foto che fissa la storia di un ventennio di gestione della Banca di Campi Bisenzio. Così Denis Verdini, coordinatore nazionale del Pdl, indagato nell’inchiesta sulla P3 (associazione segreta), con, tra gli altri, Fabio Carboni, pregiudicato per l’affare Banco Ambrosiano) gestiva la sua, oramai “ex” banca, in amministrazione straordinaria dal 27 luglio scorso dal Ministro Giulio Tremonti. Le iniziative creditizie, dice Bankitalia, erano in parte dirette al suo “gruppo familiare”: un conflittino di interessi da una sessantina di milioni di euri, condito da saporose spruzzatine di ipotesi di corruzione e riciclaggio.

Il Verdini, anziche dare una mano ai piccoli imprenditori, concentrava le sue attenzioni, ed i suoi affidamenti al suo, in giro si dice amico, si dice socio, Riccardo Fusi (“quando devo parlare con qualcuno a Roma telefono a Denis”), del Gruppo Fusi-Bartolomei. Grande esempio questo di sensibilità sociale, di attenzione alle problematiche del territorio.

Denis Verdini, recentemente:

Corruzione per gli appalti sull’eolico

Reato di concorso corruzione

Indagato per rapporti economico-finanziari tra il Credito cooperativo fiorentino e la Baldassini Tognozzi Pontello (Btp)

Accertamento disposto dagli inquirenti in seguito all’acquisizione degli assegni circolari per 800mila euro – con causali diverse e non tutti Unicredit – negoziati in gran parte da Antonella Pau, moglie di Carboni.

Verifiche sui conti Unicredit si riallacciano a una complessa serie di accertamenti avviati dalla Guardia di Finanza che abbracciano diverse operazioni sospette. Al centro c’e’ il versamento di 2,6 milioni di euro da parte della Societa’ Toscana Editrice (Ste) a favore di Denis Verdini e Massimo Parisi: questi ultimi ricevono la somma per la vendita di un pacchetto azionario della societa’ Nuova Editrice Toscana.


Gossip:

Denis Verdini, coordinatore nazionale Pdl, ex presidente dalla Credito Cooperativo Fiorentino, attualmente in amministrazione straordinaria per volere di Giulio Tremonti, è titolare del 15% della società editrice de il Foglio. Indagato con Flavio Carboni. Ugo Cappellacci, Pasquale Lombardi, Arcangelo Martino per violazione della legge Anselmi.

Nel febbraio 2010 è stato indagato dalla Procura di Firenze per il reato di concorso in corruzione, riguardo ad alcune irregolarità a lui imputabili su alcuni appalti a Firenze e a La Maddalena, sede in cui si sarebbe dovuto tenere il G8 (poi spostato a L’Aquila). Il gip si riserva la decisione di ricorrere ad eventuale rinvio a giudizio.

Nel maggio 2010 è indagato dalla Procura di Roma in un’inchiesta su un presunto comitato d’affari, la cosiddetta “cricca”, che avrebbe gestito degli appalti pubblici in maniera illecita.

Nel luglio 2010 vennero arrestati l’imprenditore Flavio Carboni, coinvolto a Roma in un’inchiesta che puntava a scoperchiare una cupola che avrebbe avuto interesse nella gestione degli appalti sull’energia eolica in Sardegna (che vede indagato anche il governatore PDL della Sardegna Ugo Cappellacci), insieme a Pasquale Lombardi, geometra ed ex esponente della Democrazia Cristiana e all’imprenditore Arcangelo Martino, ex assessore comunale di Napoli. Queste persone vennero accusate dalla Procura di Roma di aver eserciato presunte forzature sui giudici della Corte Costituzionale al fine di favorire il giudizio di legittimità costituzionale sul Lodo Alfano, di aver sostenuto la riammissione della lista civica regionale “Per la Lombardia”, collegata al candidato di centrodestra alle elezioni regionali del 2010 e successivamente eletto governatore della regione Lombardia Roberto Formigoni e, infine, di aver favorito la nomina a presidente della Corte d’Appello di Milano al pm Alfonso Marra.

Dall’inchiesta è emerso che il 23 settembre 2009 avrebbe avuto luogo un incontro presso l’abitazione di Denis Verdini, a cui avrebbero preso parte l’imprenditore Flavio Carboni, il senatore del Pdl Marcello Dell’Utri e il sottosegretario alla Giustizia, Giacomo Caliendo, i magistrati Antonio Martone e Arcibaldo Miller, oltre ad Arcangelo Martino e Raffaele Lombardi. In questa riunione si sarebbe delineata la strategia di persuasioni indebite da adottare sui giudici della Consulta intorno all’approvazione del lodo che, il 7 ottobre 2009, verrà poi bocciato perché ritenuto incostituzionale. Il leader dell’Italia dei Valori Antonio di Pietro ha definito la cupola che si sarebbe costruita attorno a Flavio Carboni una “nuova loggia massonica“, con le stesse caratteristiche della vecchia loggia Propaganda 2. Pierluigi Bersani, leader del Partito Democratico, ha chiesto all’esecutivo di far luce sulla vicenda, mentre il senatore dell’UDC Giampiero d’Alia ha richiesto l’intervento della Commissione parlamentare Antimafia

[fonte Wikipedia]



Ossessione omosessuale nel pressi della P3.

11 Lug

RASSEGNA STAMPA

La Repubblica

La Banda Bassotti

Banda Bassotti

Cene e visite a Palazzo Chigi

Verdini e i manovali

della nuova P3

Una rete invisibile tra nomine, appalti e pressioni. Dall’eolico ai Grandi eventi, tante trame, ma sempre con un ruolo decisivo. Del gruppo fanno parte editori e imprenditori. Ma anche massoni e uomini di Stato

“CHE fine abbiamo fatto, siamo finiti in un mondo di froci. Povero Berlusconi!”. Questo l’sms che Arcangelo Martino, l’ex assessore socialista di Napoli che presentò Noemi Letizia al premier, arrestato con Flavio Carboni per le gesta del comitato d’affari post-piduista, riceve nel gennaio scorso da un altro della combriccola. Hanno appena preparato un falso dossier per screditare Stefano Caldoro, attribuendogli frequentazioni transessuali, in modo da bloccarne la candidatura a presidente della Campania del centrodestra, in favore di quella del sottosegretario Nicola Cosentino, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa.

A far avere il dossier a Gianni Letta a Palazzo Chigi ci pensa lo stesso Cosentino, mentre a Berlusconi lo reca come una

Denis Verdini (AVATAR)

reliquia Denis Verdini, il coordinatore del Pdl che nella nuova P3 e nell’intera cloaca di materiale infetto delle cricche, nelle catene verticali di potere invisibili, secondo la definizione di Gustavo Zagrebelski, svolge il ruolo di tuttofare.

Favorisce nomine di burocrati senza titoli e senza scrupoli, pilota appalti, serve gli interessi degli imprenditori che vogliono dividersi la torta della ricostruzione a L’Aquila ed entrare nel business “in deroga” della Protezione civile di Bertolaso, partecipa alla designazione di magistrati ad alti incarichi, spinge commissari amici per la gestione dei beni culturali. L’asserita politica berlusconiana del “fare” virata nell’orgia del “malaffare”.Macellaio in gioventù, poi commercialista e soprattuttoda vent’anni presidente del Credito Cooperativo Fiorentino e di fatto socio di Riccardo Fusi, l’imprenditore super indebitato della Btp, da cui è nata l’inchiesta sulla Scuola dei Marescialli nell’area fiorentina di Castello posseduta da Salvatore Ligresti e al centro di un altro scandalo, Verdini in una telefonata di Angelo Balducci è definito “una bella figura di toscanaccio”. Egli stesso in un’intervista si accredita del ruolo di

Sandro Bondi (AVATAR)

“manutengolo del cameriere di Berlusconi”, cioè del ministro dei Beni Culturali Sandro Bondi.

Entrambi di Fivizzano, un paesotto di settemila anime in provincia di Massa Carrara, dicono che non si conoscevano

Gianni Letta (AVATAR)

finché non sono approdati in Parlamento, dove hanno scoperto la corrispondenza d’amorosi sensi. L’uno grassoccio, liscio, curiale, cattolico, poeta e storico da bar che tentò, cadendo nel ridicolo, di paragonare la figura di Berlusconi a quella di Adriano Olivetti; l’altro massiccio, roco, laico e, nonostante le smentite, accreditato di far parte della massoneria, tanto che il Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia Gustavo Raffi lo sospettò di aver tramato contro di lui quando si candidò per essere confermato nella carica.
Entrambi sembrano usciti da un film di Monicelli, l’uno da “Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno”, l’altro da “Amici miei”. Li unisce naturalmente l’amore sconfinato per il Capo: “Il Cavaliere è unico al mondo”, disse Verdini in

Silvio Berlusconi (AVATAR)

un’intervista a Denise Pardo, aggiungendo subito: “Ma non vorrei si dicesse che oltre che massone sono gay”. Singolare ossessione omosessuale nel pressi della P3.

“Troppi massoni nel governo”, sentenziò invece Francesco Cossiga quando

Una rete invisibile tra nomine, appalti e pressioni. Dall'eolico ai Grandi eventi, tante trame, ma sempre con un ruolo decisivo.

Denis era ritenuto l’autore del nuovo Manuale Cencelli per spartire le cariche. E nell’ormai lontano 2003, anticipò quasi profeticamente che Flavio Carboni poteva essere considerato l’effettivo vice coordinatore di Forza Italia in Sardegna. Se ne è accorto Renato Soru, l’ex presidente silurato nel febbraio 2009 dalla Cricca delle 3M (Medici, Massoni e Mattoni) che governa a Cagliari: “A me la P3 in salsa sarda, che si salda perfettamente con quella nazionale, non ha attribuito storie gay come a Caldoro, ma da lungo tempo e ancora adesso sono oggetto di tecniche di delegittimazione e falsificazione della cricca del cemento, non diversa da quella dell’eolico, anche perché

L'eolico

bloccai tra l’altro la speculazione di Gualtiero Cualbu a Tuvixeddu. Mi denunciarono, ma ora sono loro indagati e ne vedremo delle belle sul fronte dei rapporti tra affari, burocrazie e magistrature amministrative. I falsi dossier naturalmente vengono veicolati dall’Unione sarda“.

Di chi è l’Unione Sarda? Di Sergio Zuncheddu, il costruttore socio anche del Foglio con Denis Verdini, che controlla altresì l’edizione toscana del Giornale della famiglia Berlusconi, che si dice sia prossimo ad essere ceduto ad uno stampatore torinese in società con la sottosegretaria Daniela Santanché e con l’ex reclutatore della P2 Luigi Bisignani, oggi uomo ombra dello staff di Gianni Letta a Palazzo Chigi. Ecco spiegata, in alternativa a quella della nuova loggia segreta, la teoria della inoffensiva bocciofila, che valse per Licio Gelli.

Licio Gelli

Oggi è diventata sul giornale diretto da Giuliano Ferrara la parabola di nonna Abelarda. La P3 di Flavio Carboni, Verdini e faccendieri di ogni specie, inoffensivi sfigati che non ne azzeccano una, vogliono proporre la nonna “come vincitrice del titolo di miss Mondo”.

Nella giunta sarda il governatore Ugo Cappellacci, selezionato a suo tempo da Romano Comincioli, detto Romi a casa Berlusconi, e dal “vice coordinatore” Carboni non c’è nonna Abelarda, ma nonna Ketty, che presiede agli Affari generali. Figlia di Armandino Corona, intimo di Ugo la Malfa, Gran Maestro della Massoneria all’epoca del caso Calvi-Ambrosiano, si narra che quando qualche anno fa il papà non era più in condizione di intendere e di volere fu lei a prendere in mano non solo gli affari immobiliari e sanitari, ma anche l’eredità massonica paterna. Altri tempi quelli in cui le donne non erano neanche ammesse nelle logge.

Il Circolo della Caccia in piazza Fontanella Borghese, la Trattoria da Orazio in via Porta Latina, Alvaro al Circo Massimo, dove era di casa Balducci con la banda della Ferratella: è una toponomastica complessa, nel centro di Roma, quella della nuova P3. Corridoi sicuri nell’appartamento romano sotto il Campidoglio di Denis Verdini, tutto damaschi, baldacchini e sedie cardinalizie. Non sarà raffinato come quello ceduto da Propaganda Fide a Bruno Vespa,

L' appartamento (AVATAR) di Bruno Vespa, dove l'altra sera hanno fatto allegra brigata Berlusconi, Letta, Casini, Geronzi, il cardinale Bertone e persino, presenza insolita e degna di qualche stupore, il governatore della Banca d'Italia Mario Draghi.

dove l’altra sera hanno fatto allegra brigata Berlusconi, Letta, Casini, Geronzi, il cardinale Bertone e persino, presenza insolita e degna di qualche stupore, il governatore della Banca d’Italia Mario Draghi.

Ma è lì, nei pressi del Campidoglio, che si sono nominati super burocrati, deliberate candidature di alti magistrati, come quella del presidente della Corte d’Appello di Milano Alfonso Marra, detto Fofò dall’ex giudice tributario

Alfonso Marra (AVATAR)

geometra Pasquale Lombardi, arrestato con Carboni, animatore del “Centro di Studi Giuridici per l’Integrazione Europea Diritti e Libertà”. Questa pseudo-loggetta organizza dotti convegni di magistrati, proprio come faceva negli anni Settanta, ai tempi dei pretori d’assalto, Giancarlo Elia Valori, ex piduista espulso da Gelli, che lo considerava un temibile concorrente. O magari Gran Galà a palazzo Brancaccio per festeggiare la nomina di Vincenzo Carbone (non Carboni) a primo presidente della Corte di Cassazione. Poi, tra quei damaschi, in questi anni si sono definiti appalti, compulsati 88 progetti di centrali a vento nell’offshore sardo, e gestite tante altre storie che la parabola di nonna Abelarda vuole semplici episodi di ordinarie lobby, di comitati d’affari un po’ squinternati.

Ma in fondo c’è del vero nella teoria di Ferrara, perché per il bollo di autenticità certificato di ogni operazione occorreva e

Giuliano Ferrara (AVATAR)

occorre salire a Palazzo Chigi, nell’ufficio di Gianni Letta, dove soltanto Bisignani può entrare senza bussare. I manovali, si chiamino Verdini, Bertolaso, Carboni o Cappellacci, spalano.

Palazzo Chigi, nell'ufficio (AVATAR) di Gianni Letta, dove soltanto Bisignani può entrare senza bussare. I manovali, si chiamino Verdini, Bertolaso, Carboni o Cappellacci, spalano.

Ma è lì a Piazza Colonna, dove Letta è assiso da un cinquantennio, prima a Palazzo Wedekind poi di fronte, a Palazzo Chigi, che si legittima l’oligarchia che infetta questa specie di democrazia. Tra denaro e protezioni, carriere e promozioni, immunità e privilegi.