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Berlusconi: “E’ per questo che esistono gli amici” (video). Quelle buste con 100mila “euri”

28 Set

Sora Cesira: HORRORE, TERRORE…pelo is material pericolous…Berlusconi: “E’ per questo che esistono gli amici” (video). Quelle buste con 100mila “euri”.

5 aprile 2011: un martedì da Caimano…

4 Apr

Domani in agenda processo breve, conflitto di attribuzione, sanzioni a La Russa. Non solo, B dovrà fare i conti anche con i Responsabili che rivendicano poltrone e con i mal di pancia nel suo partito
Intanto il premier è a Tunisi per trattare lo stop ai clandestini. Pronto a offrire almeno 150 milioni

La pausa è finita. I quattro giorni di sospensione dei lavori decisi giovedì scorso per tentare di riordinare i pezzi di una maggioranza ormai sfilacciata volgono al termine. E nel fine settimana le difficoltà, se possibile, sono aumentate: oltre ai Responsabili (che rivendicano posti di governo e minacciano di non votare i provvedimenti cari al premier) e alla fronda interna guidata da Claudio Scajola contro Ignazio La Russa, si apre ora anche il fronte Lega. Perché sugli immigrati in casa del senatur non si può e non si deve scherzare. Uno sfilacciamento non previsto, che arriva alla vigilia della giornata cruciale per il futuro giudiziario del premier: domani infatti è il giorno del voto sul processo breve e sul conflitto di attribuzione del caso Ruby. Non è tutto. Perché sempre martedì l’ufficio di presidenza si esprimerà sul ministro della Difesa, reo di aver insultato il presidente della Camera. L’obiettivo principale è e rimane il passaggio a Montecitorio del provvedimento che regala la prescrizione quasi immediata del processo Mills di buona parte di Mediaset e Mediatrade. Se domani alla Camera i lavori non daranno garanzie di successo, il Cavaliere potrebbe convocare per mercoledì un consiglio dei ministri straordinario per blindare il voto e giustificare la sua assenza al tribunale di Milano, dove è in programma la prima udienza Ruby, in cui è rinviato a giudizio per concussione e prostituzione minorile di Davide Vecchi

MEDIATRADE, PM: “BERLUSCONI SOCIO OCCULTO DI FRANK AGRAMA ANCHE DA PREMIER”

Processo breve, caso Ruby e problemi nel Pdl
per Berlusconi un martedì da Caimano

Martedì si deciderà il futuro giudiziario del premier. Ma anche della maggioranza: tra Responsabili che rivendicano posti di governo e le fronde nel Pdl anche la Lega critica il premier sulla gestione degli immigrati

La pausa è finita. I quattro giorni di sospensione dei lavori decisi giovedì per tentare di riordinare i pezzi di una maggioranza ormai sfilacciata volgono al termine. E nel fine settimana le difficoltà, se possibile, sono aumentate. Ai Responsabili che rivendicano posti di governo e minacciano di non votare i provvedimenti cari al premier, alla fronda interna nel Pdl guidata da Claudio Scajola controIgnazio La Russa e uscita allo scoperto dopo il “vaffa” del ministro della Difesa a Gianfranco Fini, si aggiunge anche il fronte Lega. Con il Carroccio fortemente critico rispetto alla gestione dell’emergenza migranti a Lampedusa. Perché va bene forzare la mano in cambio del federalismo, passino le leggi ad personam da far digerire alla base, ma sugli immigrati in casa del senatùr non si può e non si deve scherzare.“Se Berlusconi li vuole se li prenda a casa sua”, dicono in tandem Roberto CalderoliMatteo Salvini e altri. Ai vertici di via Bellerio non è piaciuta l’apertura del Cavaliere sul permesso di soggiorno temporaneo e, ancora meno, l’invito ad accoglierne novemila. Uno sfilacciamento non previsto, che preoccupa il premier perché arriva alla vigilia della giornata cruciale per il futuro giudiziario del Cavaliere: il martedì del voto in aula sul processo breve e sul conflitto di attribuzione del caso Ruby. Ma domani è anche la giornata in cui dovrà annunciare i risultati raggiunti con Roberto Maroni a Tunisi, dove andrà domani in cerca di un accordo per fermare il flusso di migranti verso le coste italiane, ed è il giorno in cui l’ufficio di presidenza della Camera si esprimerà sul caso del ministro La Russa formulando un parere su eventuali sanzioni. 

Il passaggio non è irrilevante. Perché, per quanto non ci siano precedenti e non esista nel regolamento una sanzione prevista, l’ipotesi possibile è quella di consentire a La Russa la partecipazione alle sedute come membro del governo, ma senza poter votare. Diritto, quest’ultimo, derivato dallo status di deputato e quindi sospendibile con una sanzione. La decisione arriverà a metà mattina. Poche ore prima dell’apertura delle operazioni di voto a Montecitorio. L’ordine dei lavori prevede il conflitto di attribuzione, il ddl comunitaria, il ddl piccoli comuni e infine il processo breve. L’aula sarà al completo. La maggioranza potrebbe chiedere l’inversione dei lavori, per arrivare subito al voto che più interesse al premier: il processo breve con la prescrizione che cancella automaticamente il procedimento Mills che lo vede imputato per corruzione in atti giudiziari. Ma la strada non è facilmente percorribile. Servirebbe un voto e, soprattutto, chiedere l’inversione dei lavori, così come accaduto già mercoledì scorso, risveglierebbe Giorgio Napolitano.

Berlusconi non vuole e non può innescare una prova di forza con il Quirinale. La priorità è portare a casa il processo breve. L’opposizione ha presentato 270 emendamenti e c’è la pregiudiziale di 26 ore. Così domani assisterà al voto in aula sugli altri provvedimenti e poi convocherà per mercoledì mattina un consiglio dei ministri straordinario motivandolo con comunicazioni da fare al governo a seguito della missione in Tunisia e sull’emergenza immigrati. E nella riunione la maggioranza deciderà di porre la fiducia al processo breve. Così potrà anche giustificare la sua assenza al tribunale di Milano dove proprio mercoledì è prevista la prima udienza del processoRuby in cui il Cavaliere è rinviato a giudizio per concussione e prostituzione minorile. Già stamani avrebbe dovuto presentarsi all’udienza Mediatrade. L’aveva assicurato lunedì scorso. Ma la missione in Tunisia non gli permette di mantenere l’impegno preso. L’udienza sul caso Ruby di mercoledì sarà di smistamento, utile cioè per fare un calendario, anche a seconda degli impegni del premier, per le prossime date. Anche su questo il processo breve, che sarà definitivamente licenziato dal Senato tra un mese, provocherà conseguenze.

Al momento i procedimenti penali pendenti a Milano a carico di Berlusconi sono quattro. Da quello Ruby, che deve ancora cominciare, all’altro sul caso Mediatrade ancora in fase di udienza preliminare, fino ai dibattimenti Mills e Mediaset già aperti e in fase più o meno avanzata di esame dei testimoni. Con il voto della prescrizione breve Mills viene cancellato e buona parte delle imputazioni dei procedimenti Mediatrade Mediaset decadono. I giudici potrebbero dunque concentrarsi sul caso Ruby. Il 9 maggio, ad esempio, data in cui si torna in aula sul caso Mills, potrebbe essere sostituito dal processo per concussione. E così le altre date utili. Ma i legali del premier si sono già portati avanti: Niccolò GhediniPiero Longo hanno chiesto che le udienze siano distanti l’una dall’altra per avere il tempo di poter studiare i nuovi incartamenti depositati. Così, dopo il 6 aprile, si tornerà in tribunale il 31 maggio e, probabilmente, a fine giugno. Anche perché, a prescindere dal voto sul conflitto di attribuzione alla Camera, il processo andrà avanti in attesa della Consulta impedendo, per lo meno, il pronunciamento di una sentenza.

Una accelerazione del processo Ruby porterebbe a sfilare in tribunale tutti i personaggi coinvolti. Dalle “bambole” di via Olgettina alle prostitute per professione a quelle per necessità. E le loro testimonianze finirebbero sui giornali e in tv proprio nei giorni in cui, a fine giugno, gli italiani saranno chiamati al referendum sul legittimo impedimento. Che potrebbe così trasformarsi in una sorta di elezioni anticipate per Silvio Berlusconi. Il premier può correre il rischio di allungare i tempi del processo breve? No, neanche di un mese, che diventano almeno due se si considera il necessario passaggio anche in Senato. Il processo Mills si concluderà il 18 luglio. E un eventuale ricorso in Appello potrebbe concludersi in tre settimane. Certo, c’è poi la Cassazione. Che può esprimersi in tempi record: la Cassazione ha l’obbligo di esprimersi in precedenza sui procedimenti prossimi alla prescrizione. Quindi l’unico modo per far sì che la corte non si pronunci è approvare entro fine maggio, alla Camera e al Senato, il processo breve. Non c’è spazio per gli errori. La pausa è finita.


Mediatrade, storia di un’inchiesta (Video Repubblica Tv)

28 Mar

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Giorgio Napolitano: “Necessario assumere informazioni sulle gravi imputazioni al neoministro Romano”

23 Mar

Un amico dei mafiosi diventa ministro
Romano giura. Nonostante le inchieste

Saverio Romano è ministro dell’Agricoltura. Bondi ha confermato le proprie dimissioni, il premier è salito al Quirinale per assegnare il ministero della Cultura a Galan e quello dell’Agricoltura, appunto, a Romano, esponente dei Responsabili. Che ha così assicurato a Berlusconi il sì al conflitto di attribuzione in Giunta delle Autorizzazioni (leggi l’articolo). Ma sulla nomina Giorgio Napolitano ha espresso forti dubbi, dovuti alle inchieste che lo coinvolgono: una per concorso in associazione mafiosa, un’altra per corruzione con l’aggravante del metodo mafioso (articolo 7). Romano, che difendeva Cuffaro (“non è quel satrapo che è stato dipinto”), si candidava alla sua succesione. Ora l’ex presidente della regione Sicilia è in carcere, mentre lui è nella squadra di governo. Sul suo conto, però, sono agli atti dichiarazioni pesanti, come quelle del pentito Francesco Campanella, che lo aveva definito “persona a disposizione di Cosa nostra”. Anche se per ora queste parole non sono supportate da riscontri sufficienti per sostenere l’accusa in giudizio. “Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, dal momento in cui gli è stata prospettata la nomina, ha ritenuto necessario assumere informazioni sullo stato del procedimento a suo carico per gravi imputazioni”, si legge in una nota ufficiale del Quirinale. “Essendo risultato che il giudice delle indagini preliminari non ha accolto la richiesta di archiviazione avanzata dalla procura di Palermo (leggi l’articolo), e che sono previste sue decisioni nelle prossime settimane, il Capo dello Stato ha espresso riserve sulla ipotesi di nomina dal punto di vista dell’opportunità politico-istituzionale”. Lui risponde: “Sono dispiaciuto dalla nota del Colle, non sono mai stato imputato”

Romano ministro dell’Agricoltura
Napolitano: “Chiarisca la sua posizione”

Con lo spostamento di Galan ai Beni culturali, l’esponente dei Responsabili ha giurato al Quirinale. Il capo dello Stato: “Chiarire presto pesanti imputazioni a suo carico”. Il nuovo membro del governo è sotto inchiesta per mafia e corruzione. Lui: “Mai stato imputato, il comunicato del Colle dice cose non vere”.  La replica: “Mai usato termini del genere”. Opposizione all’attacco: “Il Cavaliere è sotto ricatto”

Romano ministro dell'Agricoltura Napolitano: "Chiarisca la sua posizione"

Saverio Romano lascia il Quirinale con la famiglia dopo il giuramento

ROMA – Va in porto il rimpasto di governo a lungo inseguito da Silvio Berlusconi, ma non senza intoppi. Saverio Romano ha giurato oggi al Quirinale in veste di nuovo ministro dell’Agricoltura, ma il presidente della Repubblica non ha mancato di manifestare le sue perplessità per le pesanti ombre giudiziarie 1 che gravano sull’esponente dei Reponsabili. Nonostante questo, davanti alle sempre più pressanti richieste di Iniziativa Responsabile, fondamentale per la sopravvivenza dell’esecutivo, Berlusconi ha dovuto andare avanti comunque.

La nota del Colle.
“Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano – si legge in una nota del Colle – dal momento in cui gli è stata prospettata la nomina dell’onorevole Romano a ministro dell’Agricoltura, ha ritenuto necessario assumere informazioni sullo stato del procedimento a suo carico per gravi imputazioni”. “A seguito della odierna formalizzazione della proposta da parte del presidente del Consiglio, il presidente della Repubblica ha proceduto alla nomina non ravvisando impedimenti giuridico-formali che ne giustificassero un diniego – prosegue il comunicato – Egli ha in pari tempo auspicato che gli sviluppi del procedimento chiariscano al più presto l’effettiva posizione del ministro”.

Parla il neoministro.
La prima reazione di Romano è il “dispiacere” per la nota del Quirinale”: “Non sono mai stato imputato”.  Pertanto, ipotizza una “confusione” da parte dell’ufficio stampa del Colle, visto che il comunicato diffuso è “contrario alla realtà” e “inoltre usa terminolgie improprie”. Napolitano, assicura il neoministro, “non pensa quello che è stato scritto”. “Io sono con la coscienza a posto”, aggiunge. Romano prende il posto di Galan, spostato ai Beni culturali, poltrona lasciata vuota dall’ufficializzazione delle annunciate dimissioni di Sandro Bondi. Proprio ieri il Giornale di Sicilia aveva rivelato l’intenzione del gip palermitano Giuliano Castiglia di non voler archiviare l’inchiesta che vede il neoministro indagato per concorso esterno in associazione mafiosa. Contro Romano resta in piedi inoltre anche un procedimento per corruzione, aggravata dal fatto che sarebbe stata finalizzata a favorire Cosa Nostra, nato dalle dichiarazioni di Massimo Ciancimino.


Il Quirinale replica.
Passa poco e si fa vivo l’ufficio stampa del Colle che pur non commentando le affermazioni di Romano, invita a una lettura “più attenta” della nota “nella quale non viene attribuita la qualificazione di ‘imputato'”. Un modo per sottolineare come il Quirinale non si senta chiamato in causa dalle frasi del neoministro.

Le reazioni. “La posizione di Napolitano dimostra in maniera incontrovertibile che Berlusconi non è più in grado di agire liberamente nella sua attività di governo. Ha dovuto sottostare al diktat dei Responsabili e nominare ministro Saverio Romano nonostante le note e annunciate perplessità del Quirinale – afferma il capogruppo di Fli alla Camera Italo Bocchino – è ormai evidente che siamo in una situazione senza precedenti che mette a repentaglio la libertà di azione del presidente del Consiglio”. Per Massimo Donadi dell’Idv “un indagato per mafia non può fare il ministro”. E anche il Pd parla di “debolezza” di Berlusconi che, “per puntellare la sua malandata maggioranza, ha dovuto sottostare a un vero e proprio ricatto”.

Soddisfatto il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio e leader di Forza del Sud Gianfranco Miccichè: “Finalmente da oggi il Sud può contare su un altro suo uomo in Consiglio dei ministri”. A fianco del neoministro si schiera il titolare della Difesa Ignazio La Russa: “Romano, assolutamente incensurato, ha solo una pendenza in corso, cioè una richiesta di archiviazione di un avviso di garanzia. La Costituzione dice che uno è innocente fino alla Cassazione, ma doversi difendere dalle lungaggini di una richiesta di archiviazione che ancora non è arrivata, mi pare veramente pretendere troppo da chiunque”.

Quando Berlusconi disse… Era il 23 dicembre e il premier repingendo le accuse di “calciomercato” e di compravendita di parlamentari aveva aggiunto: “Non abbiamo nemmeno promesso cariche di governo. Si sono liberati posti in seguito all’uscita di Fli, ci sono 12-13 posti da assegnare ma nemmeno uno di questi posti verrà assegnato a coloro che per convinzione hanno dato supporto alla maggioranza in sostituzione di altri”. La realtà, però, dice altro.

Le tensioni tra i Responsabili.  Il gruppo, secondo quanto riferito, si è riunito per festeggiare l’ingresso di Romano nell’esecutivo. Ma da aprte di alcuni deputati sarebbe partita la richiesta delle promesse nuovo nomine: “Ora è arrivato il tempo per la nomina dei sottosegretari”. E’ a questo punto che sarebbero emerse le contrapposizioni tra le varie componenti del gruppo: i Popolari dell’Italia di domani, fedeli a Romano, avrebbero rinnovato l’interesse per alcuni “incarichi di responsabilità ” ma la richiesta sarebbe stata giudicata “eccessiva” dai presenti. A quel punto si sarebbe scatenata la ‘bagarre’: Pid contro il resto dei gruppi.

 

Rapporti Saverio Romano e mafia:

inchiesta ancora aperta

di Aaron Pettinari – 22 marzo 2011


Il gip di Palermo Giuliano Castiglia non ha accolto la richiesta di archiviazione dell’inchiesta per concorso in associazione mafiosa, aperta a carico del deputato del Pid (Popolari di italia domani, gli scissionisti siciliani dell’Udc…

…che hanno abbandonato Casini per schierarsi col Pdl e che alla Camera sono confluiti nei «Responsabili») Saverio Romano.

La decisione è stata presa dopo che il giudice ha esaminato la richiesta di archiviazione dell’ipotesi di concorso in associazione mafiosa, fondata sulla mancanza di riscontri sufficienti alle dichiarazioni del pentito Francesco Campanella, che aveva parlato di Romano come persona “a disposizione” e votata dai boss di Villabate, Nicola e Nino Mandalà. Il giudice ha così fissato la prima udienza, che si terrà il primo aprile, per ascoltare le “parti”: il pm Nino Di Matteo e l’avvocato Franco Inzerillo, ma anche – se lo riterrà – lo stesso Romano.

In quella data il magistrato potrebbe indicare agli inquirenti di approfondire alcuni elementi dando ai pm un termine o archiviare.

A suscitare la perplessità del Gip sarebbero gli stessi dubbi avanzati dalla Procura nella stessa richiesta di archiviazione dell’indagine. Per il pm non ci sarebbero gli “elementi idonei a sostenere l’accusa in giudizio”, il che non signficia che non vi siano indizi. La notizia è stata già pubblicata oggi dal Giornale di Sicilia e arriva giusto pochi giorni dopo che il Presidente della Repubblica Napolitano si era espresso negativamente sulla prospettata nomina di Romano a ministro dell’Agricoltura al posto di Giancarlo Galan: “Deve essere il premier – questa l’osservazione preliminare – a garantire se la posizione di Romano sia definitivamente chiarita, a proposito dell’archiviazione chiesta dalla procura di Palermo nei suoi confronti”.

Secondo alcune indiscrezioni, ambienti del Quirinale avrebbero preso contatti col procuratore di Palermo Francesco Messineo per essere informati degli sviluppi delle vicende giudiziarie riguardanti il politico ex Udc.

Il parlamentare era già stato indagato nel 1999, ma l’inchiesta si era chiusa con un’archiviazione. La seconda indagine è stata avviata nel 2005 proprio dopo le dichiarazioni di Campanella. A carico di Romano, infine, pende un’altra inchiesta, in compagnia degli altri senatori siciliani Carlo Vizzini (Pdl), Salvatore Cuffaro e Salvatore Cintola (deceduto lo scorso luglio), per concorso in corruzione aggravata per aver favorito Cosa Nostra, nata dalle dichiarazioni di Massimo Ciancimino, figlio dell’ex sindaco mafioso di Palermo.

Tutti indagati a vario titolo per aver ricevuto compensi economici (ufficialmente non dovuti) pagati dalla famiglia Ciancimino per agevolare, nell’assunzione delle gare d’appalto, la Gas Spa (Gasdotti Azienda Siciliana). La società in quota al Gruppo Brancato – Lapis venduta il 13 gennaio 2004 alla multinazionale “Gas Natural” per 120 milioni di euro, di cui una percentuale era finita sul conto svizzero Mignon come pagamento spettante a don Vito, in qualità di socio “riservato”.

Il denaro in pratica veniva destinato ai capi partito o ai capi corrente che avrebbero dovuto agevolare l’aggiudicazione degli appalti e le concessioni dei lavori nei vari centri dell’isola. Un’operazione descritta dal figlio di Vito Ciancimino e confermata, seppure con parziali ammissioni, da Gianni Lapis. Ma soprattutto riscontrata da alcune intercettazioni telefoniche riemerse dopo una momentanea sparizione e ora acquisite nel fascicolo investigativo dell’ufficio del pm. Documenti che comunque dovranno essere trasmessi al Parlamento insieme alla richiesta di utilizzazione prima di poter essere usate nei confronti degli indagati. Accuse che tutti gli indagati hanno respinto.

Di Saverio Romano si parla anche nella sentenza di Cassazione che ha condannato definitivamente a sette anni di carcere Totò Cuffaro che verrà depositata a giorni.

Il deputato ha quindi replicato alla mancata archiviazione sostenendo di essere “tranquillo” e affermando che la scelta del Gip sarebbe legata a un “fatto tecnico”.

 

“Vietato impazzire”: Maurizio Paniz (parapunzipunzipà), sì a norma salva premier fatta per aiutare Berlusconi

22 Mar

Oggi la prescrizione, domani il nucleare
La guerra tiene banco. B ne approfitta

Passa in commissione Giustizia della Camera la norma che uccide i processi al premier. Intanto il ministro Romani presenta una moratoria di un anno sull’energia atomica, per abbassare la tensione sul referendum di giugno. Si parla solo di crisi libica. Ma il governo non dimentica le sue priorità

La guerra e il “dolore” di Berlusconi sulla sorte dell’amico Gheddafi non distolgono il resto del governo dal guardare alla soluzione dei problemi del premier. E mentre la commissione Giustizia della Camera approva la prescrizione breve per gli incensurati domani il consiglio dei ministri si troverà sul tavolo un decreto legislativo bollente: il via alla localizzazione dei siti su cui costruire le future centrali nucleari italiane di Sara Nicoli e Davide Vecchi

LEGGI

GIUSTIZIA

Processo breve, sì a norma salva premier
“E’ fatta apposta per aiutare Berlusconi”

Via libera della commissione giustizia della Camera all’emendamento del relatore al ddl  Maurizio Paniz che riduce i tempi di prescrizione per gli incensurati. Pd, Udc e Fli abbandonano la commissione

Processo breve, sì a norma salva premier "E' fatta apposta per aiutare Berlusconi"

Maurizio Paniz↑

ROMA – Riecco la norma salva-premier. La Commissione giustizia della Camera ha approvato, a maggioranza, la norma taglia-prescrizione per gli incensurati. Durante il voto sugli emendamenti, alla ripresa dei lavori nel pomeriggio, è passato l’emendamento Paniz quattro-bis che premia chi ha la fedina pulita e allunga i tempi della prescrizione per chi è recidivo. La norma non si applica ai procedimenti in cui è già stata pronunciata sentenza di primo grado. Hanno votato contro Pd, Udc, Idv e Fli. Si da Pdl, Lega e Responsabili.

Immediata la reazione dei deputati dell’Udc, di Fli e del Pd che hanno abbandonato i lavori della commissione. “Prendiamo atto – dichiara il capogruppo del Pd Donatella Ferranti – che non c’è più alcuna possibilità di costruire migliorando il testo insieme”. Analogo il commento di Lorenzo Ria (Udc) secondo il quale la maggioranza sta andando avanti da sola senza ascoltare i contributi che arrivano dall’opposizione”. Il leader dell’Idv, Antonio Di Pietro, invece, resta: “Siamo riusciti a ridurre moltissimo la portata della norma pertanto restiamo e votiamo contro”.

Maurizio Paniz: "Ti dò io l'emendamento, parapunzipunzipà..."

L’emendamento Paniz stabilisce che le misure predisposte non si applichino ai procedimenti nei quali, alla data dell’entrata in vigore della legge, è già stata pronunciata sentenza di primo grado e modifica l’art. 161 del codice penale prevedendo che “salvo che si proceda per i reati di cui all’articolo 51, comma 3 bis e 3 quater del codice di procedura penale (reati più gravi come quelli di mafia o il sequestro di persona a scopo di estorsione, ndr), in nessun caso l’interruzione della prescrizione può comportare l’aumento di più di un sesto del tempo necessario a prescrivere, di un quarto nel caso di cui all’art. 99 primo comma (che riguarda la recidiva), della metà nei casi di cui all’articolo 99 secondo comma, dei due terzi nei casi di cui all’articolo 99 quarto comma e del doppio dei casi di cui all’articolo 102, 103 e 105”.

Duro il capogruppo del Pd in commissione, Donatella Ferranti: “Sono spudorati sembra stiano approfittando della guerra per accelerare tutte le norme che riguardano Berlusconi. La prescrizione breve se sarà approvata in questa forma darà un duro colpo alla lotta alla corruzione”. “Il testo – afferma Pierluigi Mantini dell’Udc – è stato molto modificato e molto migliorato ma contiene il trucco modesto di un favore ad personam sulla prescrizione agli incensurati”. Ma Paniz non ci sta: “In nessun modo si arriverebbe alla fine del processo Mills a fine febbraio dell’anno prossimo. State svilendo il mio lavoro”. (22 marzo 2011)

TUTTA L’OPPOSIZIONE HA VOTATO CONTRO. PD E TERZO POLO LASCIANO I LAVORI

Processo breve, ridotti i tempi
di prescrizione per gli incensurati

La Commissione giustizia della Camera ha approvato la norma presentata dal relatore Paniz

ROMA – La Commissione giustizia della Camera ha approvato la norma presentata dal relatore Maurizio Paniz al testo sul processo breve che riduce i tempi di prescrizione per gli incensurati. Una mossa che potrebbe accorciare di circa 8 mesi la vita del processo Mills al presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. Tutta l’opposizione ha votato contro.

PD E TERZO POLO SULL’AVENTINO – I deputati dell’Udc, Fli e del Pd hanno abbandonato i lavori della Commissione durante l’esame del testo. «Prendiamo atto – ha dichiarato il capogruppo del Pd Donatella Ferranti – che non c’è più alcuna possibilità di costruire migliorando il testo insieme. Pertanto abbandoniamo i lavori». Analogo il commento di Lorenzo Ria (Udc) secondo il quale la maggioranza sta andando avanti da sola senza ascoltare i contributi dell’opposizione«. Il leader dell’Idv, Antonio Di Pietro, invece, resta e vota contro: «Siamo riusciti a ridurre moltissimo la portata della norma – spiega – pertanto restiamo e votiamo contro».

BERLUSCONI – Conclusi i lavori della commissione dalla prossima settimana il disegno di legge andrà al voto in aula alla Camera, dopodiché dovrà tornare al Senato per l’approvazione definitiva. L’emendamento prevede tempi più brevi per l’estinzione del reato, se l’imputato è arrivato al processo incensurato, come Berlusconi. Ora il tempo di prescrizione è di norma pari alla pena massima prevista per il reato più un quarto per via delle interruzioni. La proposta prevede di ridurre da un quarto a un sesto questo aumento automatico della prescrizione, ma soltanto per gli incensurati e per i processi di primo grado. Se approvata in via definitiva la norma avrebbe un effetto quasi immediato sul processo Mills, dove Berlusconi è imputato in primo grado per corruzione in atti giudiziari. La prescrizione del reato dovrebbe intervenire tra gennaio e febbraio del 2012. La norma taglierebbe di circa otto mesi i tempi di prescrizione, per cui il processo potrebbe finire all’inizio dell’estate, sempre che non arrivi prima a sentenza. 22 marzo 2011

Nota bene:

Leggi ad personam hanno “incensurato” il Berlusca, che ora con una norma ad personam rischia di essere improcessabile perchè incensurato.

Tipo:

Articolo 12, Comma 21

«L’unico motivo valido per chiedere il congedo dal fronte è la pazzia.»
Articolo 12, Comma 22
«Chiunque chieda il congedo dal fronte non è pazzo.»



Arcore, le cene eleganti: “Marystelle si apre la gonna”

21 Mar

Tra balletti e spogliarelli
ecco le foto di Arcore

Spunta anche un video hard. Una ragazza: “Silvio con noi fino alle 4 di notte”. Elisa Toti all’amica: “Mi sento morire… Se viene fuori qualcosa mi trasferisco in Cina”

di PIERO COLAPRICO e EMILIO RANDACIO

MILANO – Ecco gli interni di Arcore e di Villa Certosa, a Punta Lada, nel comune di Porto Rotondo. Ed eccoli pieni di ragazze, sono quelle del bunga bunga. E l’imputato Silvio Berlusconi, grazie agli ultimissimi accertamenti della polizia postale sui telefoni Black Berry delle sue disinvolte ospiti, si ritrova in mano non solo i tanti file audio e le lettere di cui parlavano nei giorni scorsi, ma anche queste nuove immagini.

Marystelle si apre la gonna
Cominciamo da Villa San Martino e da Marystelle Polanco, e cioè “una pericolosa”, almeno stando a Emilio Fede. Il direttore del Tg 4 si raccomanda con Nicole Minetti: “Attenzione, io conosco la sua storia vera, perché io l’ho eletta miss Pompeo, l’ho avviata eccetera… (le) avevano trovato un coltello, droga eccetera, guarda ti dico è una persona pe-ri-co-lo-sis-si-ma”. La conversazione risale al 26 settembre 2010, ma “il giorno 9 gennaio 2011, dalla mezzanotte e un minuto alla mezzanotte e nove minuti” il telefonino della soubrette di
Colorado cafè si accende: è ad Arcore. E scatta varie foto. Le (parola di premier) “cene eleganti” mostrano una Marystelle inedita che balla, scollata, e poi – secondo scatto – apre la gonna sorridendo. Eccola, sempre ad Arcore, con Aida Yespica e poi ancora con Elena Morali, la bionda “padana” amica di Renzo Bossi, il Trota.

Tempo cinque giorni e ci sarebbe stata la perquisizione alle ragazze della Dimora Olgettina, dove abitano sia Marystelle,sia Elisa Toti. Ed è lei, 32 anni, modella, di buona famiglia, una delle più prudenti con i “vecchi scatti”. Ma non è servito: “Le fotografie qui riportate – scrive la polizia – sono immagini cancellate e sono state estrapolate dall’hard disk del portatile”. E che cos’hanno ripescato i tecnici informatici? Due scatti, con gruppi di ragazze, vestite di nero, che ballano. È il 7 gennaio 2009, sono quasi le 3 e mezzo di notte e la cella telefonica agganciata dal telefonino di Elisa è vicina a Villa Certosa.

Sono foto che possono sembrare quelle di un qualsiasi compleanno, se non fosse che questa ragazza sa bene che cosa accade nelle dimore del presidente. E il 9 gennaio di quest’anno, appena tornata a casa, confida alla madre, un’anziana insegnante di Storia dell’arte in pensione, “di essere preoccupata per la salute di lui”, e cioè di papi-Berlusconi. Lo dice dopo essere rimasta ad Arcore per “quasi una settimana… mamma mia, una cosa allucinante… Quando ci siamo noi, fa le quattro tutte le notti, non dorme, sta tutta la notte con noi, una e un’altra…”.

Elisa aveva inviato al premier, chiamandolo amore e tesoro, una “richiesta di aiuto per lavoro, casa e denaro” e lo aveva ringraziato per “i bellissimi giorni passati a Milano”, ma teme sempre che in giro si sappia quanto siano “eleganti” quelle cene: “Io mi sento morì, se viene fuori qualcosa mi trasferisco in Cina”, dice attraverso Skipe all’amica Adriana Verdirosi. Perché più si mettono insieme le immagini e le parole, gli orari degli scatti e le confidenze delle ragazze del bunga bunga, più si capisce quanto profonda sia la convinzione dei pm.

I file espliciti
Più d’una volta, nel sottobosco milanese che circonda questa storia, s’è parlato di filmati e ricatti, di riprese “pirata” e di compravendita di scatti: e due filmati – attenzione – ci sono. Spuntano proprio dal telefonino di una delle ragazze più chiacchierate, Concetta De Vivo. Esiste, scrivono i detective, “un filmato File Img, durata 00’01, e viene ripreso un atto sessuale completo, risultando impossibile identificare i soggetti interessati”. E poi un “File Img, durata 00’05”, e il video riprende la scena a carattere sessuale precedente, mostrando il volto della De Vivo Concetta e di un uomo n. m. i.”, cioè non meglio identificato.

Se “si precisa che non è tecnicamente possibile collocare in un contesto spaziale o temporale i filmati”, è anche vero che questa traccia video segna un punto cruciale. C’è la possibilità che davvero qualcuno abbia fatto filmati ad Arcore. E sui rapporti tra le gemelle De Vivo e Berlusconi il mistero è fitto. C’è chi, come l’ex prefetto Carlo Ferrigno, pluri-inquisito, nota come lui faccia ritardare il percorso ufficiale per rimanere da solo con loro sull’aereo. Chi sottolinea come nell’agenda De Vivo ci fosse il cellulare di Nicola Cosentino, e cioè il parlamentare forzista che si è opposto a Mara Carfagna.

Le liti sui reality
Non fanno un po’ paura, queste ragazze che girano intorno ad Arcore, affamate di soldi e “carriera”? Donne che si dicono: “Lo devo chiamare, voglio tornare perché ieri m’ha dato poco, voglio qualcosa in più”. Emilio Fede una volta ha sganciato soldi: a “una di quelle che circolavano… gli ho dato di tasca mia, senza farlo risultare a lui, diecimila euro! Va bene? Perché aveva – dice Fede a Nicole Minetti – delle fotografie scattate col telefonino, aveva bisogno di soldi, dico va beh, te li do io! Diecimila”. Ragazze difficili, dure, strane, che incollate davanti allo schermo tv sognano di diventare delle star e s’arrabbiano se vengono sorpassate nella gara: “Lo state guardando il Grande fratello per caso?”, chiede Iris sempre a Concetta, detta Imma, il 10 gennaio scorso. Certo che lo guardano: “C’è quella Valentina (Costanzo), adesso ci hanno telefonato”, risponde Concetta. É una loro vecchia conoscenza. “Che puttana!”, reagisce subito Iris. “E lui – il riferimento sembra essere diretto al premier  –  è un gran figlio di m., io sono andata a fare due casting, vaff (…) Lei entra come altri due, come all’Isola (il riferimento è al reality sulla Rai, ndr), che ne entrano quattro grazie a lui, ma vaff…”.

Anche l’ex meteorina Barbara Guerra sembra sulla rampa di lancio per l’Isola. Al telefono, il suo agente Lele Mora, la tranquillizza. “Ho parlato sia con Marano (ex presidente di Rai 2 in quota Lega), perché stamattina mi ha chiamato anche Antonio e poi luiiiiiiiii. Martedì vado giù, magari ti porto anche con me”. Barby non sta nella pelle, ma anche il più ortodosso dei berlusconiani dovrebbe capire che la situazione si va facendo più che scivolosa per il capo del governo: e che il Berlusconi politico e milionario fa sempre più fatica a difendere la limpidezza delle relazioni notturne del suo alter ego, papi-Silvio.

Le immagini contano più delle parole e quelle pubblicate oggi dal quotidiano La Repubblica chiariscono inequivocabilmente che le “cene eleganti” di cui parla il premier erano tutt’altro che caste. C’è Marystelle Polanco che si solleva la gonna in una delle stanze di Arcore, ci sono cinque ragazze che ballano in bikini sopra un palchetto, c’è poi ancora la Polanco insieme ad Elena Morali in una delle stanze di villa San Martino ed Elisa Toti seduta sul seggiolino di un aereo privato. Le foto “recuperate” (erano state cancellate frettolosamente) sono state scattate prevalentemente con il cellulare della Toti, altre sono state ritrovate dai tecnici della Procura dalla memoria del suo portatile.

Sul cellulare di Imma De Vivo c’erano filmati a luci rosse: in uno si vedono pochi fotogrammi di un atto sessuale completo, ma i due soggetti interessati non sono identificabili; un altro mostra cinque secondi di una scena a luci rosse in cui appare il volto della De Vivo, mentre l’uomo che è con lei non è riconoscibile.

Nel pc di Luca Risso, compagno di Kharima, in arte Ruby, foto di una esibizione della ragazza quand’era ancora minorenne.


Giustizia, dal Cdm ok alla riforma

10 Mar

LA RIFORMA

Disegno di Legge “La riforma della giustizia”

Doppio Csm, carriere separate e azione penale
Ecco i punti chiave del testo Alfano

Ecco i punti della riforma costituzionale della giustizia varata oggi dal Consiglio dei ministri

SEPARAZIONE DELLE CARRIERE. I magistrati si “distinguono in giudici e pubblici ministeri” e la legge “assicura la separazione delle carriere”.L’ufficio del pm “è organizzato secondo le norme dell’ordinamento giudiziario che ne assicurano l’autonomia e l’indipendenza”.

DOPPIO CSM: il Consiglio Superiore della Magistratura giudicante “è presieduto dal Presidente della Repubblica”, ne fa parte di diritto il primo presidente della Corte di Cassazione e gli altri componenti sono eletti per metà da tutti i giudici ordinari tra gli appartenenti alla medesima categoria previo sorteggio degli eleggibili e per metà dal Parlamento in seduta comune fra professori ordinari di università in materia giuridiche e avvocati dopo 15 anni di esercizio. I membri elettivi del Consiglio durano in carica quattro anni e non sono rieleggibili.

Per quanto riguarda la magistratura requirente si prevede che anche questo Consiglio sia presieduto dal Presidente della Repubblica. Ne fa parte di diritto il procuratore generale della Corte di Cassazione. Gli altri componenti sono eletti per metà da tutti i pubblici ministeri fra gli appartenenti alla medesima categoria previo sorteggio degli eleggibili e per metà dal parlamento in seduta comune tra professori ordinari di università in materie giuridiche ed avvocati dopo 15 anni di esercizio. Come per quanto avviene per la magistratura giudicante i membri elettivi durano in carica quattro anni e non sono rieleggibili

I Consigli Superiori non possono adattare atti “di indirizzio politico nè esercitare funzioni diverse da quelle previste nella Costituzione”.

AZIONE PENALE. Resta il principio dell’obbligatorietà ma si introducono criteri di legge: “L’ufficio del pubblico ministero ha l’obbligo di esercitare l’azione penale secondo i criteri stabiliti dalla legge”. Questo sarà il nuovo articolo 112 della Costituzione, come modificato dall’articolo 15 della riforma della giustizia approvata stamane.

DISCIPLINARE MAGISTRATI. Viene istituita la “Corte di disciplina”, con una sezione per i giudici e una per i pm. I componenti di ciascuna sezione “sono eletti per metà dal Parlamento in seduta comune e per metà rispettivamente da tutti i giudici e i pm”. I componenti eletti dal Parlamento “sono scelti – prevede la riforma – tra professori ordinari di università in materie giuridiche e avvocati dopo 15 anni di servizio”, quelli eletti da giudici e pm “sono scelti, previo sorteggio degli eleggibili, tra gli appartenenti alle rispettive categorie”.

Tom Cruise, Demi Moore, Kevin Pollak, Wolfgang Bodison, James Marshall

INAPPELLABILITA’ SENTENZE ASSOLUZIONE. No al ricorso in appello contro le sentenze di proscioglimento pronunciate in primo grado. “Contro le sentenze di condanna è sempre ammesso l’appello, salvo che la legge disponga diversamente in relazione alla natura del reato, delle pene e della decisione.
Le sentenze di proscioglimento sono appellabili solo nei casi previsti dalla legge”.

RESPONSABILITA’ CIVILE TOGHE: “I magistrati sono direttamente responsabili degli atti compiuti in violazione di diritti al pari degli altri funzionari e dipendenti dello Stato”. Inoltre, “la legge espressamente disciplina la responsabilità civile dei magistrati per i casi di ingiusta detenzione e di altra indebita limitazione della libertà personale”, prevede ancora la riforma, e la “responsabilità civile dei magistrati si estende allo Stato”.

RAPPORTO PM-POLIZIA GIUDIZIARIA: Nel testo si legge che “il giudice ed il pm dispongono della polizia giudiziaria secondo le modalità stabilite dalla legge”.

COMPETENZE DEL GUARDASIGILLI: Al ministro della Giustizia spettano “la funzione ispettiva, l’organizzazione e il funzionamento dei servizi relativi alla giustizia”. Riferisce ogni anno alle Camere sullo stato della giustizia, sull’esercizio dell’azione penale e sull’uso dei mezzi di indagine”.

NOMINA ELETTIVA TOGHE ONORARIE. “La nomina elettiva si estende ai magistrati onorari che svolgono funzioni di pm, mentre finora era riservata soltanto ai giudicanti.

INAMOVIBILITA’ MAGISTRATI: “In caso di eccezionali esigenze, individuate dalla legge, attinenti all’organizzazione e al funzionamento dei servizi relativi alla giustizia, i Consigli superiori possono destinare i magistrati ad altre sedi”. 

L’ARRINGA FINALE:



Marocco, «offerti soldi per cambiare la data di nascita di Ruby»

10 Mar

L’OFFERTA PER RETRODATARE DI UN PAIO DI ANNI IL DOCUMENTO DI KARIMA EL MAROUG

«Il Fatto» intervista la funzionaria marocchina che lavora all’anagrafe. Gli avvocati del premier: chiarire

1956 di Camillo Mastrocinque. Soggetto e sceneggiatura: Age, Scarpelli; interpreti: Totò (Antonio Bonocore) Peppino De Filippo, Giacomo Furia, Giulia Rubini, Nando Bruno, Luigi Pavese, Memmo Carotenuto, Gabriele Tinti ; produzione: D.D.L. Antonio Bonocore (Totò) avuto quanto necessario per fabbricare biglietti da diecimila da un ex incisore della zecca, convince il tipografo Giovanni e il pittore d'insegne Felice ad aiutarlo a fabbricare le banconote. Stampati i biglietti ne spacciano uno in tabaccheria. Antonio saputo da suo figlio finanziere che la polizia è sulle traccie dei falsari, convince i suoi complici a desistere dall'impresa. Ma la banda ricercata era un'altra e i tre amici si disfano delle banconote false, contenti di tornare all'onestà.

MILANO – «Il 7 febbraio di quest’anno due persone di lingua italiana offrirono soldi all’ufficio dell’anagrafe marocchina di Fkik Ben Salak per retrodatare di un paio di anni la data di nascita di Karima El Maroug, meglio nota in Italia come Ruby Rubacuori, rispetto al 1 novembre 1992 come è attestato nel registro e nei suoi certificati di nascita». Questo il racconto del quotidiano il Fatto secondo cui l’offerta, che se accolta avrebbe avuto fra i suoi effetti quello di escludere la minore età di Ruby nel periodo dei fatti contestati al premier Silvio Berlusconi dal rinvio a giudizio immediato disposto dalla magistratura milanese, sarebbe però stata rifiutata dalla funzionaria pubblica della cittadina marocchina che, sotto lo pseudonimo di Fatima, racconta la storia in una intervista a il Fatto.

 

 

Una funzionaria dell’anagrafe dice: “Due italiani mi offrirono denaro per renderla maggiorenne”

 

IL RACCONTO – «Erano in tre – racconta la funzionaria dell’anagrafe a due inviati del quotidiano di Padellaro, appositamente inviati a Fkih- e, la mattina del sette febbraio mi chiamarono fuori dal mio ufficio. Due parlavano in italiano. Il terzo era un marocchino distinto che faceva da interprete e mi è parso di capire che anche lui venisse dall’Italia, forse da Milano». Una serie di discorsi in generale e su alcuni problemi per Ruby in Italia, accompagnati dalla consapevolezza che in Marocco non esiste un’anagrafe informatizzata ma solo dei registri cartacei. Quindi la richiesta dietro lauto compenso economico («mi hanno offerto una somma importante», racconta la donna) di correggere manualmente il registro, trasformando dal 1992 al 1990 l’anno di nascita della ragazza. E «Il Fatto», a scanso di nuovi equivoci, ha fotografato e pubblicato la pagina del registro anagrafico che riguarda Ruby. «Io – si conclude il racconto della donna- ho detto loro di no: “non posso accettare”. Temevo che avrei potuto passare guai. E ho pensato anche se avessi accettato forse avrei potuto creare problemi a quella mia concittadina».

GLI AVVOCATI DEL PREMIER – «Se le notizie apparse quest’oggi sul giornale «il Fatto Quotidiano», in ordine ad una asserita attività volta a modificare nel registro delle nascite la data di registrazione di Karima El Mahroug, fossero vere si tratterebbe con ogni evidenza di un grave, ma maldestro tentativo di falsificazione al fine di fare, eventualmente, di questo falso un illecito uso». Lo scrivono in una nota gli avvocati di Berlusconi, Niccolò Ghedini e Piero Longo spiegando che «chi conosce la legislazione del Marocco in tema di annotazione delle nascite, sa perfettamente che la contraffazione del registro presso il comune sarebbe totalmente inutile e risibile essendo tale dato conservato in più copie da diverse autorità governative». «Stupisce – proseguono gli avvocati del premier – che i giornalisti di tanto non siano a conoscenza. Se invece si trattasse di una notizia artificiosamente costruita, pur nella buona fede dei cronisti, sarebbe altrettanto grave. In ogni caso – sottolineano – è necessario che le autorità italiane e del Marocco accertino con urgenza se esiste questa funzionaria, se ha rilasciato effettivamente quelle dichiarazioni, se il fatto è realmente accaduto e, in tal caso, l’identità dell’interprete e dei due presunti italiani che avrebbero posto in essere le condotte descritte». «È infatti ovvio interesse per la difesa del Presidente Berlusconi – concludono Ghedini e Longo – che sia subito chiarito ogni particolare di questa vicenda per evitare le altrettanto ovvie strumentalizzazioni».

Soldi per cambiare l’età di Ruby
Chi li ha mandati?

Blitz di due emissari in Marocco per falsificare i certificati e rendere la ragazza maggiorenne. Salvando in questo modo Berlusconi

Una donna a disposizione? No. Questa volta no. Questa volta potere, denaro, forza non sono serviti a niente. Una signora quarantenne, funzionario pubblico di una sperduta cittadina del Marocco, ha scelto di fare il suo dovere, di non barattare la sua dignità con quella che per lei era una montagna di denaro. Dietro garanzia dell’anonimato Fatima (il nome è di fantasia) ha accettato di raccontare al Fatto Quotidiano quello che è successo. Un mese fa due italiani, accompagnati da un interprete marocchino, sono venuti qui, a Fkih Ben Salah, ai piedi delle montagne dell’Atlante. Si sono presentati in municipio e le hanno chiesto di cambiare i dati anagrafici di una certa Karima El Marough. Già, proprio lei, Ruby, la ragazza che ancora minorenne avrebbe avuto rapporti sessuali a pagamento con Silvio Berlusconi. Quella coppia di stranieri aveva in mente un piano preciso. E per questo hanno chiesto a Fatima, dirigente dell’amministrazione comunale, di diventare loro complice. Eccolo, il piano: si sostituisce un documento con un altro, si fa scomparire per qualche tempo un pubblico registro e il gioco è fatto. Ruby, che è nata a Fkih il primo novembre del 1992, di colpo sarebbe invecchiata di un paio d’anni. Quanto basta per farne almeno una diciottenne all’epoca della sua frequentazione con il premier. Problema risolto, quindi, perché pagare una prostituta maggiorenne non è reato.
Il sultano di Arcore
A questo, allora, serviva la missione in Marocco di quei due italiani. Serviva a truccare le carte, a cambiare i connotati della storia che da cinque mesi tiene in ostaggio Berlusconi e l’intero governo del nostro Paese. A prima vista poteva sembrare una truffa ben congegnata e neppure troppo costosa. Fkih, 90 mila abitanti, è una cittadina povera nel mezzo di una regione depressa, spopolata da un’emigrazione massiccia verso l’Italia, la Francia, la Spagna. Non c’è famiglia qui, che non abbia qualche parente in Europa. In Sicilia è sbarcato più di vent’anni fa anche il padre di Ruby, Mohammed El Marough, che vive a Letojanni, in provincia di Messina. E allora, devono aver ragionato i due misteriosi italiani, una mancia sostanziosa, qualche migliaio di euro, avrebbe messo in moto la burocrazia del posto. Si sbagliavano. Fatima non si è fatta corrompere. Si è rifiutata di metter mano ai documenti che riguardano quella sua concittadina colpita da improvvisa notorietà dall’altra parte del Mediterraneo. Fatima, a dire il vero, non sapeva neppure chi fosse questa Karima. Gliel’hanno spiegato qualche giorno dopo i suoi parenti che abitano in Italia. Le hanno raccontato di un presidente del Consiglio che riempie la casa di ragazze con cui trascorre allegre nottate. Le hanno detto del bunga bunga. E chissà che cosa aver pensato lei, donna musulmana, ad ascoltare le avventure erotiche di Silvio il sultano di Arcore. Di questo con noi ha preferito non parlare. Pudore, forse. Ma la storia dei due viaggiatori italiani in trasferta a Fkih, quella no, quella non poteva proprio tenersela per sè. A metà febbraio, tramite un parente, Fatima ha contattato il Fatto Quotidiano. Due settimane di verifiche. Poi il viaggio sul posto, in Marocco, per raccogliere la sua testimonianza e nuovi elementi utili a chiarire la vicenda. Ecco, allora, il racconto di Fatima agli inviati del Fatto Quotidiano. “La mattina del 7 febbraio mi hanno chiamata fuori dal mio ufficio”, dice. “Erano in tre. Due parlavano italiano”. Ne è sicura. Conosce il suono di quella lingua grazie ai suoi famigliari emigrati. Poi c’era un interprete, un marocchino, un tipo distinto. “Mi è sembrato di capire – ricorda Fatima – che anche lui venisse dall’Italia, forse da Milano”.

Operazione ritocco
Prima le hanno spiegato che volevano dare un’occhiata ai documenti d’anagrafe di questa tale Karima. Poi hanno fatto capire che la data di nascita annotata sul pubblico registro non è quella giusta. E allora potrebbe essere necessario correggere l’errore con un nuovo atto in cui inserire l’anno giusto, il 1990, al posto del 1992. Per capire fino in fondo questa strana storia bisogna sapere che nei centri minori del Marocco l’anagrafe non è informatizzata. I nuovi nati vengono registrati in libroni scritti a mano e compilati in ordine cronologico. Un sistema arcaico, certo. Paradossalmente, però, truccare i numeri in un computer può rivelarsi più semplice che falsificare uno di questi registri. Per fare un lavoro perfetto bisognerebbe riscrivere tutto il volume, omettendo la pagina che si vuole cambiare. Poi si fa lo stesso lavoro sul registro di due anni prima, ma qui invece di cancellare si aggiunge un foglio, quello della persona di cui si vuole spostare la data di nascita. Volendo c’è una scorciatoia. Con l’aiuto di un funzionario compiacente si può compilare un estratto di nascita falso e questo inizialmente sarà sufficiente a ingannare il pubblico. I libroni possono essere sistemati in seguito, con calma. Così, se qualcuno, magari dopo qualche mese, si spingerà fino in Marocco per confrontare la data dell’estratto con quella del registro, tutto coinciderà.

Ovviamente quei tizi venuti dall’Italia erano disposti a pagare per il disturbo. “Mi hanno offerto una somma importante”, rivela Fatima senza specificare la cifra. Certo, confessa, quei soldi le avrebbero fatto comodo. Ci ha pensato un po’, ingolosita. Che fare? Alla fine ha preferito lasciar perdere perché, ci spiega, non voleva “passare dei guai”. E poi ha pensato anche a Karima. “Se avessi accettato l’offerta – racconta – avrei potuto creare dei problemi anche a questa mia concittadina”. Problemi per Ruby? Non proprio. Di certo se quella data di nascita fosse stata davvero anticipata di due anni, buona parte dei guai di Berlusconi si sarebbero risolti d’incanto. Caduta l’accusa di prostituzione minorile, il premier avrebbe dovuto rispondere della sola concussione. Niente da fare.

L’incastro delle date
“Non posso accettare”, ha risposto Fatima ai suoi interlocutori, quasi scusandosi. Era il 7 febbraio, un lunedì. In Italia, a quell’epoca nessuno aveva sollevato pubblicamente la questione dell’età di Ruby. Giravano molti pettegolezzi, questo sì, a proposito di una ragazza dal fisico appariscente, che sembrava più vecchia della sua età. Solo voci, però. Fino a quando, giovedì 3 marzo, il Giornale annuncia: “Il premier cala l’asso: Ruby era maggiorenne”. È questo il titolo a tutta pagina di un articolo in cui si racconta che Berlusconi, in alcuni colloqui privati, avrebbe confidato di “avere la prova che Ruby è stata registrata all’anagrafe due anni dopo la sua nascita”. Nello stesso articolo si parla di indagini difensive che sarebbero sbarcate “dall’altra parte del Mediterraneo”. Indagini qui, a Fkih Ben Salah, la città natale di Ruby? Fatima non ne sa nulla. Si ricorda bene però di quei due italiani. Due italiani che volevano corromperla.

di Lorenzo Galeazzi, Vittorio Malagutti e Massimo Paradiso

da Il Fatto Quotidiano del 10 marzo 2011

 

 

 

 

Parlamento: salvagente per Sgarbi, Pecoraro Scanio e Lunardi…

9 Mar

LA CASTA SALVA SE STESSA

Blitz alla Camera: la maggioranza nega l’uso di intercettazioni per Pecoraro Scanio, respinge gli atti su Lunardi e tutela Sgarbi su un conflitto di attribuzione. Pd: “Prove generali per il salvataggio di B

La casta si salva. Sempre e comunque. A prescindere dal colore della casacca indossata. Così la Camera ha offerto uno scudo al destino processuale di due ex ministri, Pietro Lunardi e Alfonso Pecoraro Scanio, e al parlamentare (all’epoca dei fatti) Vittorio Sgarbi. Il primo dei beneficiari, salvato per la seconda volta da Montecitorio, è stato titolare del ministero delle Infrastrutture dal 2001 al 2006: gli atti dell’indagine sull’acquisto di un palazzetto da Propaganda Fide sono stati restituiti al tribunale dei ministri di Perugia. Sono invece le intercettazioni telefoniche, di cui viene negato l’utilizzo, l’oggetto del contendere nelle indagini per corruzione che coinvolgono, a Potenza, l’ex ministro del governo Prodi Pecorario Scanio. Intoccabile pure Vittorio Sgarbi, sul conflitto di attribuzione sollevato dalla Cassazione su affermazioni fatte, quando era deputato, in televisione. Una lunga serie di “prove di salvataggio” in vista della discussione sul conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato che la maggioranza insegue come l’ultimo salvagente per Silvio Berlusconi e il caso Ruby. Decisiva in tutte e tre le votazioni è stata la componente Pdl della maggioranza. L’onorevole avvocato Maurizio Paniz sintetizza così la posizione del suo partito: “Il garantismo non è legato all’appartenenza politica”

 

Lele e il socio della ‘ndrangheta, gli interessi dell’impresario dei vip sul lago di Garda

8 Mar

Desenzano Harbour

Desenzano del Garda

Le inchieste sulla criminalità organizzata al nord fanno emergere personaggi vicini ai clan calabresi che hanno avuto interessi in una discoteca gestita dal pigmalione di di starlette e tronisti, attualmente indagato nel Rubygate per favoreggiamento alla prostituzione

Picchiatori, piromani e personaggi vicini alla ‘ndrangheta. Ecco quali sono le amicizie pericolose diLele Mora. Lui, l’impresario dei vip, coinvolto nello scandalo Ruby, da tempo è legato a interessi sul lago di Garda. Ed è qui che l’amico del premier, quello, che secondo Ilda Boccassini, portava le ragazze ad Arcore, incrocia uomini vicini alla criminalità da tempo insediata nella zona del basso bresciano. Si tratta di rapporti in cui, Mora, incappa inconsapevolmente. Insomma lui, probabilmente, non sa chi sono i suoi interlocutori. Ma andiamo con ordine.

Un anno fa Lele Mora entra in affari con Carmelo Anastasi, 48 anni, milanese. Nel marzo del 2009 l’agente dei vip, incalzato dalla Guardia di finanza, che sta indagando sul suo impero imprenditoriale, mette in liquidazione tutte le società del gruppo LM. Un’inchiesta del Corriere della Sera rivela che la Fonema edizioni musicali, controllata sulla carta dal figlio Mirko, finisce a una finanziaria svizzera e allo stesso Anastasi.

Ma chi è Anastasi? Un ex poliziotto, già da tempo inserito nel giro della security di Mora e suo malgrado salito all’onore della cronaca locale per essere stato condannato pochi mesi fa e in primo grado a due anni e tre mesi dal Tribunale di Brescia. L’accusa è di concorso in sequestro di persona, porto d’armi abusivo e lesioni. Assieme ad altri e a Leo Peschiera, 54 anni ex autista diUmberto Bossi, rapì il parcheggiatore di una discoteca, sostengono i giudici, per fargli confessare d’essere il colpevole dell’incendio del Lele Mora House. Il locale è situato a Desenzano del Garda. L’agente dei vip lo ha acquistato nel 2008. L’idea era rilanciarlo. Il risultato fu quello di finire dritto dritto nel mondo a tinte fosche della vita notturna gardesana.

La Lele Mora House, prima di essere acquistata dall’impresario dei vip, si chiamava Backstage, anche conosciuto come ex Biblò. Nel luglio del 2007, un’informativa del Gico di Brescia segnalò come un ramo della società che controllava il locale di via Colli storici a Desenzano, era in realtà nelle disponibilità di un’organizzazione criminale che legava esponenti della camorra (clan Laezza-Moccia di Afragola, Napoli) ad altri della ‘ndrangheta (clan Piromalli di Gioia Tauro, Reggio Calabria). Quel documento servì alla Direzione distrettuale antimafia di Brescia per confiscare il locale stesso, rilevato, nel 2009, da Lele Mora e trasformato nel Lm House.

Il provvedimento, istruito dalla Dda e dal Gico, arrivò a sequestrare oltre trenta milioni di euro in beni ai clan calabresi e campani del nord, in un’operazione ribattezzata “Mafia sul lago”. Tra i protagonisti c’è tale Francesco Carmelo Pisano di 57 anni, originario di Gioia Tauro ma residente a Lonato sul Garda.

Scrive il Gico: “Come confermato anche dalle dichiarazioni del pentito di ‘ndrangheta Francesco Fonti, questi [Pisano ndr.] viene indicato come gravitante attorno alla cosca ‘Piromalli’ di Gioia Tauro”; fatto confermato da varie sentenze di diversi tribunali italiani, nei quali Pisano è stato giudicato per associazione mafiosa, a cominciare da quello di Palmi nel lontano 1997. I finanzieri poi si soffermano a valutare la situazione economico-patrimoniale del pregiudicato. Egli risulta tra i soci fondatori dell’Area Building Srl, della quale possiede il 25 per cento del capitale: un’impresa di costruzioni con sede operativa a Pozzolengo in provincia di Mantova, ma non distante dal basso Garda.

E Pozzolengo è anche il paese in cui risiede Carmelo Anastasi. In una visura, datata 2009 ed effettuata presso la Camera di commercio di Verona, città ove ha sede legale la Area Building, negli assetti societari assieme al Pisano è presente pure l’Anastasi. Egli è il proprietario del 50% delle quote.

Nell’inchiesta sui clan in riva al Garda si ricorda inoltre che il Pisano “Fin dai primi anni ’90 era apparso in stretto rapporto coi fratelli Fortugno”, ovvero con altri esponenti della ‘ndrina dei Piromalli – sempre secondo il Gico di Brescia – a loro volta attivi nel basso Garda e proprio in questi giorni a processo assieme per lo sfruttamento della prostituzione. Nei loro summit, i compari calabresi, in contatto con quelli campani, ribadivano che non “era il caso di farsi la guerra, perché le ragazze e la droga potevano essere gestite assieme!” Teatro di questa laison, il solito mondo notturno in riva al lago. Una realtà che Mora e il suo entourage, loro malgrado, hanno imparato a conoscere molto bene.

Fonte: Il Fatto Quotidiano